Tra i personaggi più illustri della Magna Grecia e certamente l'atleta più forte di tutti i tempi, il grande Milone fu pugile e lottatore imbattuto per oltre vent'anni.
Nato e vissuto nell'antica Kroton del VI secolo a.C. grazie alle sue gesta sportive e non, divenne tra gli uomini più influenti del gruppo aristocratico che governava la città di Miscello. Il suo dominio sportivo cominciò nel 540 a.C. quando vinse la sua prima olimpiade nella lotta categoria ragazzi. Seguirono 5 vittorie olimpiche consecutive nella gara del pugilato, fino all'ultima del 516 a.C. nella quale il suo avversario rifiutò di combattere, per celebrare la gloria di un uomo a cui gli dei diedero in dono la forza e la disciplina.
Milone vinse anche per 10 volte le gare Istmiche, 9 volte le Nemee e 6 volte i Giochi Pitici di Delfi che si tenevano in onore di Apollo. Tanta gloria rese Milone uno dei personaggi più illustri e famosi del mondo antico, conosciuto ovunque per la sua proverbiale forza e considerato eroe leggendario appartenente alla stirpe degli Eraclidi, discendente diretto di Eracle, a sua volta ritenuto "ecista morale" della città di Crotone.
La sua forza proverbiale salvò l'intero gruppo aristocratico guidato da Pitagora di Samo che governava la potente città di Kroton. In occasione di un terremoto che colse il gruppo dirigente mentre era in riunione proprio in casa del filosofo samio, Milone si sostituì ad una colonna spezzata dal sisma reggendo sulle sue spalle il soffitto dell'abitazione per quei minuti necessari a sgomberarla completamente salvando i convenuti.
Milone fu comandante dell'esercito crotoniate in occasione della famosa battaglia contro i sibariti del 510 a.C. che sancì la sconfitta e la distruzione dell'opulenta colonia di Sybaris. Milone vestito a mò di Eracle, con la clava e la pelle di leone sulle spalle, guidò l'esercito crotoniate verso una delle vittorie più schiaccianti della storia antica. Persino Democede, crotoniate e medico personale del re Dario di Persia, per tornare a casa contro il parere del re persiano, sposò in tutta fretta una figlia di Milone, costringendo Dario a desistere dai suoi piani.
La storia di Milone si fonde spesso con la leggenda, tramandata da autori tardo-ellenistici come Ateneo, Luciano e Porfirio. Una di queste vuole Milone dopo la vittoria ad Olimpia, caricarsi sulle spalle un toro di quattro anni, e dopo un giro completo di stadio, divorarlo tutto fino all'ultimo boccone. Nell'antica Grecia il grande appetito era sinonimo di forza sovrumana, e Milone di fame doveva averne davvero tanta.
Intorno alla sua morte la leggenda narra di un grosso albero di ulivo sezionato da un fulmine, posto nel bosco sacro di Hera sul promontorio Lacinio. Milone, un po invecchiato, infilò le mani per divaricarne il tronco, ma abbandonato dalle forze l'Olimpionico rimase bloccato e finì dilaniato dalle belve feroci. Nel museo del Louvre una statua lo ritrae mentre viene divorato da un leone.